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CLASSE ‘35: QUELLA “SCANDALOSA” GITA FINO A GENOVA

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Una storia vera raccontata dai suoi protagonisti.
Anzichè festeggiare la chiamata di leva con il classico “carro”, i nostri eroi sfidarono la mentalità del paese, i genitori, il parroco e noleggiarono un pullman…

Qualche tempo fa sul giornale “La Piazza” Giannino Fasoli con competenza e arguzia ha raccontato l’esperienza che i giovani di Illasi vivevano in occasione della chiamata di “Leva” al compimento di 18 anni in vista del servizio militare.

Anche per noi, classe 1935, arrivò, con due anni di ritardo per motivi logistici, quel giorno.

Il Distretto Militare per la visita era a Tregnago per tutto l’est veronese. Eravamo un bel gruppo perché nel 1935 a Illasi, paese che non arrivava a 4000 abitanti, erano nati 76 bambini.

Erano i tempi in cui a Roma, sia di qua che di là del Tevere, sostenevano, anche se con obbiettivi diversi, l’aumento demografico.

Questi numeri ci permettevano di fare da soli una squadra a 7 di calcio contro le altre classi. Portieri Viviani o Biasiolo, in difesa Egidio Bertini, Giorgio Benedetti, Renato Cengia, Gaetano Cecchetto. Attacco: Giuseppe Sometti, Carlo Censi, Gaetano Turri.

Nella nostra piazza, trasformata in campo di calcio, i giovani di Illasi vissero momenti indimenticabili.

Ma torniamo alla nostra storia. Era necessario trovarsi un po’ prima per organizzare i tre giorni di festa. Alla prima riunione ci accorgemmo che quasi nessuno voleva fare il “carro”. Nessun giudizio sul “carro”, ma a noi non piaceva. Discutendo, qualcuno propose di noleggiare un pullman della ditta Brec per visitare posti mai visti. Siamo nel 1955 e pochi di noi erano andati più in là di Verona.

La proposta, subito accolta, fu per un viaggio sulla Costa Azzurra con tappa a Milano.

Eravamo entusiasti. Quando portammo l’idea nelle famiglie non si ebbero reazioni particolari, anche perché pochi credevano nella sua realizzazione. Quando però fissammo la data della partenza e venne confermata la scelta della Costa Azzurra, improvvisamente l’iniziativa venne vista come “pericolosa” e dietro “pericolosa” ognuno si sentiva autorizzato a pensare di tutto e di più.

Si diceva: cosa faranno da soli per tre giorni a San Remo, a Genova città portuale piena di tentazioni, chissà chi faranno salire sul pullman …

Nell’Illasi del 1955 le famiglie subirono una pressione che oggi facciamo fatica a capire. Furono settimane pesanti che portarono a molte rinunce.

Da 35 adesioni si scese a 18.

Anche il parroco Don Piero Schena, uomo intelligente e colto, non poteva ignorare cosa stava accadendo e in un modo o nell’altro fece capire che anche lui non approvava.

Ma quei 18 restarono fermamente decisi sul viaggio.

Come ultimo tentativo il parroco convocò gli organizzatori per dissuaderli. La mattina dell’incontro ci trovammo un po’ prima alla Casa del Popolo per stabilire una linea comune. Si decise che qualsiasi cosa venisse fatta o detta, noi si partiva. Quei momenti sono scolpiti nella nostra mente come qualcosa di importante che ognuno visse a modo suo.

I responsabili della pericolosa iniziativa erano Renato Cengia, Giorgio Benedetti, Silvio Viviani, Gaetano Cecchetto, Carlo Censi e Gaetano Turri. Lo studio del prete era a piano terra nell’attuale Casa della Gioventù.

Eravamo tesi perché ci sentivamo umiliati e messi sotto accusa per una iniziativa che noi sentivamo buona anche se diversa. Don Piero Schena, che sulla moralità, più volte dimostrata nella guida della parrocchia, non aveva incertezza, pur tenendo un tono severo non volle la rottura e alla fine ci affidò la responsabilità del buon comportamento di tutti.

Da parte nostra chiedemmo la sua benedizione, sia per tranquillizzare le famiglie che per il viaggio. Uscimmo in silenzio, non con la sensazione di aver vinto, ma di aver fatto valere le nostre ragioni, anche se diverse. Non avevamo ceduto alla tradizione paesana, alla pressione delle famiglie e con il parroco avevamo visto riconosciuto il diritto ad essere anche diversi.

Per dei giovani nell’Illasi del 1955 non era poco. Avevamo ordinato un pullman da 50 posti, partimmo in 18. Quando arrivammo a Milano in Piazza Duomo l’emozione fu forte. Anche quando dal tetto del Duomo potemmo vedere quella Milano simbolo di una Italia che risorgeva, ci sentimmo contenti della nostra scelta. Altro straordinario momento fu la vista del mare e una costa dai mille colori. Mai visti così tanti fiori. Sentivamo di vivere i nostri meravigliosi 20 anni carichi di speranze e sogni in un posto meraviglioso che ci compensava di tante difficoltà.

Anche Genova ci apparve straordinaria. Le sue piazze, i quartieri medioevali, il porto per noi immenso e navi mai viste così da vicino.

Tornammo tutti, e tutti maschi, stanchi ma felici e carichi di fiori per i famigliari e amici che ci attendevano a Illasi.

Così vivemmo noi giovani del 1935 l’entrata ufficiale nel mondo adulto, sentita come dono e responsabilità.

Non cambiò niente per le classi seguenti, la tradizione riprese il suo controllo.

Forse i tempi non erano maturi, ma per noi, che avevamo spostato le lancette un po’ in avanti, quell’esperienza resterà un ricordo tra i più belli della nostra giovinezza.

 

Renato Cengia,
Giorgio Benedetti,
Gaetano Cecchetto,
Silvio Viviani
anche a nome di
Carlo e Gaetano Turri
che ci hanno lasciato

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